Starbucks ha chiuso ben due punti vendita a Milano. Quali sono le cause? Si può parlare davvero di flop o vi sono diverse ragioni che stanno portando la famosa catena presente in tutto il mondo a rivedere la sua presenza nel capoluogo lombardo?
Chiusi due bar Starbucks dopo due anni
Partiamo da un presupposto importante: Milano è senza dubbio una delle città più cosmopolite in Italia. Non propriamente l’unica nel quale un franchising di questo tipo può funzionare ma di certo quella più adatta a offrire un simile servizio, con caffè diversi da quelli comunemente serviti in ogni bar e dolcetti interessati.
A cadere sotto la “scure” della chiusura sono stati lo Starbucks di via Turati e quello di Porta Romana: ne rimangono cinque ancora che sembrano resistere in modo stoico un po’ alle restrizioni del Covid e un po’ a un approccio che forse non è stato quello più adatto per sbarcare in Italia. E questo è semplice da notare: i due punti vendita chiusi erano quelli più frequentati dai turisti, che senza dubbio al caffè americano sono abituati e che non rimangono sconvolti per via del cambio, nemmeno davanti a prezzi che forse non erano sempre a portata di mano di target che avrebbero aiutato i negozi a rimanere aperti.
Quali sono i problemi legati alla chiusura
I primi tempi dall’apertura era possibile vedere content creator presentarsi nelle sedi di Starbucks a Milano e girare video di ogni genere, provando i diversi tipi di caffè e i dolci che venivano presentati. Buonissimi certo, ma non sempre alla portata di ogni portafoglio. La pandemia, ovviamente, tra lockdown e restrizioni non ha aiutato: i dati parlando di una riduzione del fatturato di circa il 50% ed è comprensibile davanti a questi numeri optare per una chiusura. Come già sottolineato sono cinque i punti vendita ancora in corsa: Starbucks Durini, Starbucks corso Vercelli, Starbucks Garibaldi, Starbucks via Restelli e Starbucks stazione Centrale. Più in difficoltà la Starbucks Roastery di Cordusio che sta affrontando le conseguenze del calo di turisti dovuto al Covid.
Starbucks a Milano non può essere considerato totalmente un flop, ma forse un misunderstanding sì. Nessuno si aspettava ovviamente una pandemia come quella di coronavirus a rovinare il “gioco” a tutti i commercianti ma forse un approccio più semplice ai prezzi di vendita avrebbe potuto dare una mano. Perché la cioccolata calda con i marshmallow è buonissima, ma non tutti hanno 6.50 euro da spendere per una tazza. E questo era forse qualcosa di cui tenere conto a prescindere.