Dicono che parlare della storia di questo locale affacciato su Via Brera, al numero 32, il Bar Jamaica equivalga a ripercorrere la storia stessa dell’Accademia e dell’arte italiana del Novecento. Il locale fu inaugurato nel giugno 1921 e fu subito frequentato dai personaggi più in vista della Milano del tempo. Tra loro c’era il direttore del “Popolo d’Italia”, Benito Mussolini, che veniva qui ogni mattina per il cappuccino della signora Lina e per correggere gli articoli del suo giornale. E’ al musicologo Giulio Confalonieri, raccontano, che si deve il nome che il locale ha conservato fino ad oggi. La leggenda vuole Confalonieri, appassionato dei panorami tropicali, evocò questo nome per contrapporlo al grigio di certe giornate milanesi. Si ispirò anche a un film inglese del ’39, “La taverna della jamaica”, con la regia di Alfred Hitchcock.
La vicinanza all’Accademia attirava modelle e studenti, ma gli artisti più famosi arrivarono soprattutto a partire dal 1948, quando il gestore Elio Mainini organizzò una mostra d’arte intitolata “Premio Post-Guernica” che portò al jamaica molte delle personalità della vita intellettuale milanese e nazionale. Il jamaica divenne il “Caffè degli artisti” di Milano.Tra loro, il giovane Piero Manzoni che inscatolava le sue feci e il già maturo Lucio Fontana che rasoiava le tele nel nome dello spazialismo, i poeti Giuseppe Ungaretti e Salvatore Quasimodo, solo per fare qualche nome. Elio Mainini proponeva cocktail sempre nuovi e fu lui che, raccogliendo i suggerimenti degli amici come Gualtiero Marchesi, fece scoprire ai milanesi i carpacci, le tartine, gli ormai storici tramezzini, le Caesar Salad importate dall’America e la prima scuola di sommelier d’Italia, fondata in collaborazione con Gualtiero Marchesi.
Alla fine degli anni ’70 arrivò una benemerenza ufficiale della città per aver saputo creare quell’ambiente bohemièn che aveva contribuito a fare di Milano la capitale dell’arte moderna riconosciuta ed ammirata a livello mondiale. In quegli anni anche il portabandiera della “Beat generation”, il poeta Allen Ginsberg, vi trascorreva interi pomeriggi. Oggi è il mondo della moda e quello degli affari che frequentano maggiormente il locale, che fa parte dell’Associazione Locali Storici d’Italia, e la tradizione permane, portata avanti dalla moglie di Elio Mainini, Vittoria, dalla figlia Micaela, dalla nipote Carlina. E rimane, insieme alle foto, la storia!